Azione di rivendicazione e azione di regolamento di confini ed onere della prova ai fini processuali

Con sentenza del Tribunale di Napoli del 7.12.2017 n. 12005 è stato ribadita la differenziazione giuridico processuale classica tra l’azione di rivendicazione (948 c.c.) e l’azione di regolamento di confini (950 c.c.) in base alla quale, con la prima, si presuppone un conflitto tra titoli di proprietà mentre, con la seconda azione, si controverte tra le parti sulla estensione di immobili diversi e tra loro confinanti.

Come ulteriormente precisato in detta sentenza l’azione di rivendicazione (art. 948 c.c.), in virtù della quale il proprietario della cosa agisce contro il possessore o il detentore per ottenere il riconoscimento giudiziale del suo diritto dominicale, postula l’esistenza di un conflitto tra titoli determinato dal convenuto che nega la proprietà dell’attore, contrapponendo al titolo da costui vantato un proprio, diverso, incompatibile titolo di acquisto (Cass. n. 6681/2000); tale conflitto si configura allorquando un medesimo bene, o una medesima sua porzione, abbia due distinte e contraddittorie provenienze, di talché l’una non possa essere valida quanto l’altra (Cass. civ. n. 3559/16).

L’azione di regolamento di confini (art. 950 c.c.), in virtù della quale l’attore tende a far accertare l’esatta linea di demarcazione fra il proprio fondo e quello convenuto, presuppone invece un conflitto fra fondi, che si configura nel caso in cui si controverta sulla rispettiva estensione di beni diversi e tra loro contigui. L’eventuale richiesta di restituzione di una porzione di terreno si pone come mero corollario dell’invocato accertamento (in tal senso: Cass. 1446/96, 6681/2000).

L’azione di regolamento dei confini presuppone quindi che l’incertezza, oggettiva o soggettiva, cada sul confine tra due fondi e non sul diritto di proprietà degli stessi, anche se oggetto di controversia è la determinazione quantitativa delle rispettive proprietà.

La summenzionata azione non muta la sua natura (trasformandosi in azione di rivendica) nell’ipotesi in cui l’attore sostenga che il confine di fatto non sia quello esatto per essere stato parte del suo fondo usurpato dal vicino (Cass. civ. n. 3559/16).

Caratteristica dell’azione di rivendicazione è infatti, la sussistenza di un conflitto di titoli, determinato dal convenuto che nega la proprietà dell’attore, contrapponendo al titolo da costui vantato un proprio diverso ed incompatibile titolo di acquisto, originario o derivativo, mentre nell’azione di regolamento di confini i titoli di proprietà non sono controversi e la contestazione attiene solo alla delimitazione delle rispettive proprietà (conflitto tra fondi) a causa dell’incertezza del confine oggettiva (cioè derivante dalla promiscuità del possesso della zona confinaria) o soggettiva (ossia provocata dall’assunto dell’attore di non corrispondenza tra confine apparente e quello reale).

Dunque, allorquando il proprietario, convenuto con azione di regolamento dei confini, proponga, un’eccezione di usucapione, il thema decidendum giocoforza si estende anche all’accertamento della proprietà, e ciò tanto più quando, la questione sia stata, sia pure incidenter tantum, già prospettata da parte attrice nell’atto introduttivo.

Pertanto, il merito della controversia non può ritenersi circoscritto alla individuazione del confine tra i fondi, avendo la controversia per effetto delle difese dei convenuti, assunto i connotati di una rei vindicatio.

Va rilevato, quindi, che la qualificazione della azione assume particolare importanza sotto il profilo processuale e del relativo onere della prova (2697 c.c.) considerato che in sede di azione di rivendicazione, l’attore è tenuto a fornire la prova rigorosa del dominio vantato ed a giustificare la proprietà del bene risalendo, anche attraverso i propri danti causa ad un acquisto a titolo originario, ovvero dimostrando il compimento dell’usucapione anche in virtù di successione nel possesso (c.d. probatio diabolica) (Cass., sez. II, 30.3.2006, n. 7529).

Inoltre, anche colui il quale agisca per ottenere il mero accertamento della proprietà o comproprietà di un bene, anche unicamente per eliminare uno stato di incertezza circa la legittimità del potere di fatto esercitato sullo stesso, è tenuto, al pari che per l’azione di rivendicazione ex art. 948 c.c., alla probatio diabolica della titolarità del proprio diritto, trattandosi di onere da assolvere ogni volta che sia proposta un’azione, inclusa quella di accertamento, che fonda sul diritto di proprietà tutelato erga omnes. (Cass., sez. II, 18.1.2017, n. 1210).